A che cosa serve la poesia?

Ha provato a rispondere a questa domanda il prof. Pietro Cataldi (in foto), ordinario di Letteratura italiana contemporanea presso l’Università per stranieri di Siena, della quale è stato rettore nel sessennio 2015-2021.

Pietro


Il professore, che è stato autore insieme a Romano Luperini di un storia della letteratura europea in quattro tomi per i tipi della casa editrice Palumbo (Palumbo 1999), è venuto a parlare ai nostri studenti il 31 gennaio all’interno del progetto “I mercoledì del Galilei”.
Attraverso la lettura di tre brevi frammenti di poesie famosissime e meno famose ci ha chiarito che, come diceva Leopardi, la poesia serve ad accrescere la vitalità, il piacere della rima produce la sensazione che il mondo sia in equilibrio.
Non possiamo certo tacere la funzione comunicativa della poesia, quella possibilità di dire a noi stessi. Il linguaggio è un “manufatto collettivo” che l’umanità ha creato poco per volta, ma resta uno spazio che non è coperto dal linguaggio, il linguaggio non può corrispondere alla realtà in toto.
Questo spazio è lo spazio della poesia.


Locvizza il 28 settembre 1916


Quando
la notte è a svanire
poco prima di primavera
e di rado
qualcuno passa


Su Parigi s’addensa
un oscuro colore
di pianto
[...]
Giuseppe Ungaretti, Nostalgia


Il professore ce lo spiega con questi versi di Ungaretti. Che necessità avrebbe avuto il poeta di dire “quando la notte è a svanire” invece di “all’alba”? O ancora “poco prima di primavera” invece di “sul finire dell’inverno”?
Forse il poeta vuole parlarci di un’alba che contiene la notte e di una primavera che contiene l’inverno. E qual è quel luogo che ci consente di esprimere questa incertezza, di unire fatti che non possono essere uniti, quale spazio ci consente l’esperienza della “condensazione” per dirla con Freud, se non la poesia?


Infine Pietro Cataldi ci ha letto i primi versi della canzone di Leopardi “A Silvia”


Silvia, rimembri ancora
quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,

e tu, lieta e pensosa, il limitare
di gioventù salivi?
[...]


Ci dice che risalta immediatamente lo statuto argomentativo di questa poesia, ma tutti sappiamo che Silvia è morta. Perché il poeta rivolge domande importanti a Silvia che non può rispondere o alla Luna [...] Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, silenziosa luna? [...]
Vorrà forse dirci che le domande importanti non hanno risposta?


E allora ecco, la poesia assume anche la funzione di “colei” che è depositaria delle domande importanti.

Maria Diviccaro